Un réel pour le XXI sciècle
ASSOCIAZIONE MONDIALE DI PSICANALISI
IX Congresso dell'AMP • 14-18 aprile 2014 • Paris • Palais des Congrès • www.wapol.org

TESTI DI ORIENTAMENTO
Nella psicoanalisi non c'è sapere nel reale
di Miquel Bassols

Miquel BassolsCosì affermato da Jacques-Alain Miller nella presentazione del tema del prossimo IXº Congresso della AMP intitolato "Un reale per il XXI° secolo"[1]. Lo sviluppo della sua argomentazione ci consente di rileggere un paragrafo di Lacan apparentemente paradossale. Lo si trova nella "Nota italiana" del 1973 e riguarda il punto di congiunzione-disgiunzione tra psicoanalisi e scienza:

"C´è del sapere nel reale. Benché questo sapere non sia l'analista, ma lo scientifico a doverlo situare.

L'analista situa un altro sapere, a un altro posto che deve però tener conto del sapere nel reale. Lo scientifico produce il sapere, con il sembiante di farsene il soggetto. Condizione necessaria ma non sufficiente."[2]

Non è facile –da una certo punto di vista- sostenere che ci sia sapere nel reale, vale a dire un sapere iscritto fin dall'inizio nel reale, un sapere dunque che gli sarebbe connaturale ed inerente. Eppure, questa affermazione è di fatto supposta in non pochi sviluppi della scienza odierna: ci sarebbe un sapere iscritto nel reale biologico –ad esempio nel gene così come nei neuroni- un sapere da decifrare secondo la massima di Galileo: "la Natura è scritta in lingua matematica". Tuttavia, tale Natura, scritta a caratteri cubitali, è quella che una volta si omologava al reale, quella in cui la scienza moderna ha sollevato un crescente disordine, sempre più evidente ( ad esempio nella fisica dello scorso secolo) ai nostri giorni. Ai tempi di Galileo non era così, come lo faceva notare Jacques-Alain Miller: "la Natura era il nome del reale quando non c'era disordine nel reale". Il reale senza legge, quello che avviciniamo nella esperienza analitica orientata dall'ultimo insegnamento di Lacan, si separa dalla Natura [3] governata da un soggetto supposto sapere, a questo punto Dio, ma anche chiunque altro scrittore delle leggi matematiche reputate a reggere la traiettoria dei corpi celesti o il sapere di ogni cellula nel complimento della loro funzione.

"C'è del sapere nel reale". Il partitivo del testo originale, in francese "Il y a du savoir dans le réel", è sempre resistente a passare nello spagnolo. Non si tratta del fatto che ci sia un sapere, questo o quest'altro sapere, determinato o indeterminato, iscritto nel reale fin dall'inizio, ma del fatto che "di sapere", c'è n'è un po' nel reale. Come a dire piuttosto : de agua, hay algo en el mar[4]. Quanta? No lo sappiamo, bisogna contarla, in metri cubi ad esempio. Solo che , in questa operazione, per quanto sia interminabile, stiamo facendo contemporaneamente due cose. La prima: stiamo introducendo il numero e la quantità in questo mare non quantificabile dove, come nella passe, dobbiamo sempre ricominciare. Stiamo introducendo quello che il linguaggio , il simbolico, veicola, del reale, con il numero[5]. La seconda: dal momento che lo riteniamo un continente (svuotabile) stiamo di fatto svuotando il mare dall'acqua che pretendiamo di quantificare. Il numero dunque, veicola un reale e lo svuota al contempo dal significato, lo converte in qualcosa di inimmaginabile, senza concetto possibile (un mare senz'acqua). E' questa un'immagine che ci fa avvicinare ciò che di più irrepresentabile abbia il reale. Quel vuoto di un mare senz'acqua è anche il soggetto del significante, una volta che lo abbiamo concepito come una risposta del reale.

Supponiamo dunque che l'acqua sia il sapere e il mare il reale. Lo scienziato situa il sapere dell'acqua quantificabile nell'inquantificabile mare del reale. E' chiaro che non è un sapere che è lì fin dall'inizio in attesa di essere letto e decifrato; si tratta di un sapere che lo scienziato ha situato nel mare per renderlo rappresentabile, operazione questa omologa alla sua scoperta. Più ancora, è necessario che lo scienziato situi questo sapere, è lui a "doverlo situare" per simbolizzare il reale. Anche al prezzo – come dirà Lacan altrove- di farlo tacere. E lo fa attraverso un'operazione inversa a quella del transfert, se s'intende per transfert la supposizione di un soggetto supposto sapere – sia la supposizione di un sapere all'Altro sia la supposizione di un soggetto al reale-. L'operazione dello scienziato va in controcorrente del transfert, dal momento che lui stesso si fa soggetto del sapere che colloca nel reale. Quanto meno così ce lo fa sembrare, fa "sembiante" di farsi soggetto di quel sapere. Cosa vorrebbe dire in realtà farsi soggetto di quel sapere? In primo luogo vuol dire identificarsi con il suo significato, con l'Altro che determina il senso del sapere, persino con l'Altro dell'Altro che - s'esistesse - direbbe quel senso. Il ché è semplicemente delirante. In realtà, né la cellula né il gene hanno alcun sapere di soggetto – per quanto lo scienziato glielo attribuisca — in entrambi i sensi della espressione: sia che lo scienziato gli attribuisca quel sapere di soggetto, sia che lui stesso ritenga di essere il soggetto di quel sapere— .

L'analista, dal canto suo, situa Altro sapere, quello dell'inconscio, in un Altro luogo, quello dell'Altro che esiste soltanto in virtù del transfert. Tuttavia, Lacan non lo colloca in disgiunzione assoluta riguardo la scienza. Il suo sapere e il suo luogo devono tener conto di quel sapere che lo scienziato situa nel reale, per quanto ciò non sia sufficiente. Tra il necessario e il sufficiente, il reale del sapere dell'inconscio non cessa di insistere, ancora. Anche nella scienza.


Traduzione di Laura Cecilia Rizzo

  1. Conferenza tenuta a Buenos Aires il 26 aprile 2012. Pubblicata in Attualità lacaniana, n.15, 2012, pp.7-14 (traduzione di Emilia Macola), ed in La Psicoanalisi, n.52, 2012, pp. 13-22 (traduzione di Ezio De Francesco) . L'autore segue la versione originale in spagnolo, pubblicata in http://www.congresamp2014.com
  2. Jacques Lacan, "Nota italiana", in La Psicoanalisi, n.29, 2001, p. 10. L'autore annota che ha modificato leggermente la traduzione (allo spagnolo) là dove conveniva all'andamento del presente commentario:
    "Hay saber en lo real. Aunque a este no sea el analista sino el científico quien tiene que alojarlo. El analista aloja otro saber, en otro lugar, pero que debe tener en cuenta el saber en lo real. El científico produce el saber, por el semblante de hacerse su sujeto. Condición necesaria pero no suficiente."
  3. "Si noti che ho parlato del reale, e non della natura" scrive Jacques Lacan nella sua "Introduzione all' edizione tedesca del primo tomo degli Scritti (Walter Verlag)"in La Psicoanalisi, n.3 , 1988, p. 14 .
  4. Questo partitivo esisteva in castigliano antico: "Cogió del agua en él y a sus primas dio" (El Cantar de Mio Cid, 2800). NT: il partitivo esiste nella lingua italiana come in lingua francese, da lì la traduzione "non c'è del sapere nel reale".
  5. In effetti, "(…) è proprio qui l'occasione di elucidare in che modo il linguaggio nel numero veicoli il reale con cui si elabora la scienza." Jacques Lacan, "Introduzione all'edizione tedesca di un primo volume degli Scritti (Walter Verlag)" in La Psicoanalisi, n. 3, 1988, p. 15.