Un réel pour le XXI sciècle
ASSOCIAZIONE MONDIALE DI PSICANALISI
IX Congresso dell'AMP • 14-18 aprile 2014 • Paris • Palais des Congrès • www.wapol.org

TESTI DI ORIENTAMENTO
La causa reale e' quella non necessaria
di Marco Focchi

Marco FocchiNel pensiero moderno la nozione di causalità non ha buona stampa. Bertrand Russell, in un testo che dà l'avvio alla riflessione contemporanea sul problema, afferma che "La legge di causalità, come la maggior parte di quanto si raccoglie tra i filosofi, è la reliquia di un'epoca passata che sopravvive, come la monarchia, solo perché si suppone erroneamente che non faccia danni"

Hume infatti ha dato un colpo decisivo al concetto di causa, sciogliendolo dal legame con la necessità. La causalità, il legame logico tra la causa e l'effetto, non è dimostrabile, e la conseguenza tra causa ed effetto si può constatare esclusivamente sul piano dell'esperienza, dove solo l'abitudine ci convince che a una certa causa segue sempre un determinato effetto.

È tuttavia proprio da colui che è considerato aver affondato la nozione di causa che Lacan va a cercarla quando, in "Posizione dell'inconscio", dice che solo l'insistenza dell'inconscio permette di cogliere la causa sul piano stesso in cui l'ha snidata Hume. Il concetto freudiano attraverso cui Lacan propone qui la nozione di causa è quello di Nachträglichkeit, l'effetto di retroazione dove un elemento eterogeneo, che Freud definiva traumatico, diventa attivo solo quando, in un momento successivo, prende senso per il soggetto.

In altri termini: per Freud, come per Hume, la causa resta fuori dal piano logico e discorsivo, ed è questo a darle consistenza come reale. Al tempo stesso la causa, posta in tal modo come reale, e cioè senza senso, diventa attiva solo quando assume un senso nella dimensione soggettiva.

Si rivela però qui una concettualizzazione della causa che non condivide nulla con il concetto di causa pertinente al discorso scientifico.

Quando nelle neuroscienze si cerca una molecola responsabile di un comportamento –comunicando al pubblico un senso di particolare concretezza ed efficacia, giacché una molecola si sa dov'è e si sa come trattarla – ci si basa sul concetto di causalità corrente nel discorso scientifico, che è un concetto estensivo.

L'estensione è definita dal fatto di essere partes extra partes, parti esterne le une alle altre. L'estensione è pura esteriorità, senza coscienza, senza pensiero, senza nulla che la animi. La fisica infatti – la disciplina che studia specificamente ciò che occupa quest'esteriorità – è una scienza di corpi inerti, sottoposti alla fondamentale legge d'inerzia per cui un corpo si mette in movimento solo se riceve dall'esterno un impulso o, se è in movimento, si ferma solo se incontra all'esterno un ostacolo.

Le neuroscienze, con tutti gli innegabili progressi che hanno fatto e che possono fare, quando inseguono nel cervello la causa di un comportamento, ricadono inevitabilmente nella ricerca di una causa esterna (che il cervello sia collocato "dentro" la scatola cranica non cambia nulla rispetto alla definizione di partes extra partes).

Se ci domandiamo invece dov'è collocato l'elemento eterogeneo o traumatico che si attiva a posteriori con il meccanismo della Nachträglichkeit, la sola risposta che possiamo darci è che non è collocato, non ha coordinate spaziali, è un incontro senza luogo, ed è un "cattivo incontro". Questo incontro, che è contingente, non solo non ha un luogo d'appuntamento, ma semplicemente non è riferibile a nessuna coordinata spaziale, è un battito, uno sfilacciamento dell'esistenza in cui il tempo si è fermato.

La causa in psicoanalisi, come causa di desiderio, non ha un carattere estensivo, non è situata in un esteriorità, perché è nell'Altro. Il soggetto pone nell'Altro la causa del proprio desiderio, e quando non è così, quando la voce o lo sguardo non sono circoscritti in questo luogo dell'Altro – che non è un luogo dello spazio – è perché le cose sono più difficili, è perché prendono forma di delirio o di allucinazione.

Lacan ha giocato con quest'idea in una delle sue ultime conferenze. Se la libertà è avere in sé la propria causa, secondo la classica definizione aristotelica che traversa, in formulazioni diverse, tutta la filosofia, (avere in sé la propria causa è diverso dall'essere causa sui, prerogativa che Spinoza riservava alla sostanza, l'unica, che chiamava Dio) allora lo psicotico è per definizione l'uomo libero.

L'ultimo insegnamento di Lacan destabilizza le distinzioni strutturali delle categorie cliniche, toglie i confini che separano rigidamente la nevrosi e la psicosi. La follia intesa come impossibilità di affrontare la sessualità per mezzo del sapere, del logos, della ratio, riguarda tutti gli esseri parlanti, senza distinzioni categoriali.

La sessualità, dove la psicoanalisi trova il proprio reale, diverso da quello estensivo della scienza, è un campo in cui il legame tra causa ed effetto è sciolto. In "Posizione dell'inconscio" Lacan pensava la causa in riferimento a una "ragione": la causa perpetua la ragione che subordina il soggetto all'effetto del significante. Con la generalizzazione della follia a tutti gli esseri parlanti, questa ragione viene sottratta, così come non si parla più neanche di effetto del significante a cui il soggetto sia sottoposto.

Il tempo sospeso dell'elemento eterogeneo non trova una ragione a cui agganciarsi, va alla deriva circoscritto, quando è possibile, da un sintomo. In questo tempo sospeso senza ragione sta l'hic Rhodus salta della nostra clinica, dove la scommessa è fare di un sintomo una ragione, non per cui vivere, ma con cui (complemento di mezzo) vivere.